Gruppo di lettura sulla letteratura araba contemporanea
Un gruppo di lettura alla Biblioteca Cabral dedicato alla letteratura araba contemporanea che si propone di cominciare a leggere insieme alcuni grandi capolavori:
I libri che leggeremo saranno: Terra di Fichi d'India di Sahar Khalifa; Uomini sotto il sole e Ritorno a Haifa di Ghassan Kanafani; Titanic Africani di Abu Bakr Khaal ed altri ancora da selezionare.
Il gruppo è coordinato da Maria Elena Paniconi (docente di Lingua e letteratura araba, Università di Macerata) con la partecipazione di Francesca Biancani (Storia e istituzioni del Medio Oriente, Università di Bologna).
La partecipazione è libera, gratuita e aperta a tutti.
Nell'ambito del Patto per la lettura Bologna
In collaborazione con l'Associazione Hayat
Benché non più obbligatorio, per entrare in biblioteca e per partecipare alle attività raccomandiamo ancora l’uso della mascherina (chirurgica o FFP2).
Per informazioni scrivere a
amicabr@comune.bologna.it
o telefonare al numero: 051 581464
Ritorno a Haifa ci parla, per la prima volta, di due diaspore: quella palestinese e quella ebraica, accomunate da un unico destino. Said torna con la moglie nella sua città per rivedere la vecchia casa, ora abitata da una famiglia di ebrei polacchi scampati ad Auschwitz. Sono trascorsi vent'anni dalla nascita dello Stato d'Israele, dalla nakba palestinese e dall'esilio. Lo scrittore ci accompagna in un viaggio che scava nella memoria, dove riaffiorano il disagio e la tristezza di una duplice tragedia resa con grande umanità e forza emotiva.
Uomini sotto il sole è forse una delle più belle e tristi storie dell'emigrazione. E la storia della diaspora palestinese vista, vissuta, sofferta e raccontata da tre protagonisti che cercano di fuggire dai campi profughi della Cisgiordania, allestiti all'indomani della perdita della Palestina nel 1948, per arrivare in Kuwait, meta, allora, di tanti disperati in cerca di fortuna. Quando il romanzo fu scritto, l'Italia e il resto dell'Europa non erano ancora diventate l'approdo di tutti coloro che fuggono dalle guerre, dai regimi dittatoriali del Vicino Oriente e dall'Africa. Oggi il sacrificio di quei palestinesi, così bene rappresentati da Kanafani, rivive in ogni emigrante che insegue una nuova vita. Leggere questo romanzo ci potrebbe aiutare a capire meglio la difficile realtà che stiamo vivendo.
Ghassan Kanafani nato ad Acri nel 1936, è stato uno scrittore, giornalista e attivista palestinese, particolarmente impegnato per la causa del suo popolo, scomparso nel 1972 a seguito di un attentato incendiario a Beirut in cui perse la vita insieme ad una sua nipote sedicenne. All'epoca della sua morte era portavoce del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina.
Il romanzo ci propone la vita degli arabi nei territori occupati, dove vicende umane s’intrecciano alla storia politica.
Saḥar Ḫalīfa è nata a Nablus nel 1942, durante il mandato britannico. Studia all'Università di Bir Zeit dove riceve la Fulbright Scholarship e prosegue gli studi negli Stati Uniti d'America. Dopo essersi laureata in letteratura inglese alla University of North Carolina at Chapel Hill, consegue un dottorato in studi di genere all'Università dell'Iowa. Nel 1988 torna in Palestina, dove fonda il Centro per gli Affari delle Donne di Nablus, con sedi anche in altre città palestinesi e giordane.
Considerata una delle principali scrittrici palestinesi, i suoi lavori sono tradotti in molte lingue, ha vinto numerosi premi letterari tre i quali nel 1996 il premio Alberto Moravia per la letteratura straniera per Terra di fichi d'India.
Niqula è il discendente di ricchi commercianti di tessuti libanesi. Nel centro di una Beirut distrutta dalla guerra civile egli si nasconde nel sotterraneo miracolosamente sopravvissuto ai carri armati, in cui suo padre teneva in deposito le stoffe preziose. Indifferente all'eco dei vicini combattimenti, Niqula dorme avvolto in tessuti sontuosi. Tra le rovine già invase dalla vegetazione egli vive esperienze allucinatorie, dove la sua vicenda privata si intreccia con quella della città. Niqula ricorda la sua infanzia: la struggente figura del padre, commerciante filosofo, la madre ossessiva, maritomane e infedele, della quale assecondava i capricci. Dolorosa è anche la nostalgia per Shamsa.
Hoda Barakat è nata nel 1952 in un villaggio di montagna del Nord del Libano. E’ vissuta a Beirut, dove nel 1975, poco prima della guerra civile, si laurea in letteratura araba. Nel 1989 si trasferisce a Parigi dove vive tuttora e dove lavora come giornalista. L’uomo che arava le acque ha ottenuto nel 2000 il prestigioso premio Naguib Mahfouz ed è stato tradotto in inglese e francese.
Nell'appartamento piccolo-borghese di un condominio del Cairo, Zhat vive una vita affollata di eventi piccoli e grandi, popolata di amiche, vicini di casa, negozianti del quartiere, le cui esistenze si intrecciano con la sua. Sullo sfondo della Storia - che, senza che lei se ne renda conto, determina la sua vita - Zhat, immersa nella quotidianità, amante dei pettegolezzi, preoccupata della spesa, è un personaggio pieno di colore e di ironia. Ritratto di un'anti-eroina sempre baldanzosa e sempre sconfitta, e di un paese incalzato dal degrado, il romanzo si srotola in pagine dove la simpatia umana si mescola alla crudezza della satira.
L’avventura spirituale di una diaspora e un ritorno, e di un definitivo spaesamento. Un viaggio nei vortici dell’identità, sospesa tra tradizione e modernità, tra Oriente e Occidente, ai margini del deserto del Sudan. Un romanzo cupo e affascinante pieno di tensione ma anche di poesia.
Mediante uno schema narrativo di scatole cinesi (o più appropriato è dire: giocando sulla tradizione delle Mille e una notte della cornice, delle storie nella storia, dell’identificazione tra figura narrante e personaggio) questo libro racconta dell’avventura spirituale di una diaspora e un ritorno, e di un definitivo spaesamento. E la figura di un intellettuale arabo che vi è scolpita – bambino adottato al Cairo da una famiglia inglese, studi a Oxford e brillante carriera in Gran Bretagna, libertino che sulle donne vendica un suo senso di morte, fino all’ultimo incontro che lo forza a scegliere tra il suo essere occidentale e il suo essere arabo; il ritorno al villaggio sul Nilo, lo sforzo di dimenticare, e infine la catastrofe per lui, e indirettamente della sua comunità – è una figura indimenticabile, nel senso proprio che ha la letteratura di non dimenticare: cioè le molte traduzioni e ristampe in Europa e nel mondo arabo (alle quali questa italiana si accoda). Ma il tema del libro (il principale, accanto a storie e suggestioni convergenti sulla storia principale) non è solo quello del disagio dell’intellettuale arabo diviso tra speranza e tradizione, tra valori della cultura e miserie materiali. Sembra piuttosto quello più alto dell’unità inevitabile, in una contesa antichissima di amore-odio, tra il mondo arabo e quello cristiano, tra il Nord e il Sud del Mediterraneo. La stagione della migrazione a Nord è un longevo capolavoro, descritto da Edward Said come uno dei più bei romanzi della letteratura araba moderna e dichiarato, nel 2001 dall’Accademia letteraria arabica, il più importante romanzo arabo del XX secolo. Esso riecheggia nelle vicende di una emigrazione moderna, l’antico periodico andare degli uomini del deserto verso le oasi e le coste, inseguendo sogni d’amore, leggende, mercantilismi, a specchiarsi e contaminarsi con una cultura doppia e necessaria: ad arricchirla e uscirne più ricchi nello scontro. La storia del protagonista è quella dell’illuminante presa di coscienza che «io è un altro».
In un’Alessandria che ha perso il suo fulgore, spenta dalle politiche di Nasser, resiste una pensione, il Miramar. Un luogo di un’eleganza un po’ decaduta che, sotto le macchie d’umidità, conserva le tracce di un passato grandioso. Mariana, la matura vedova greca che ne è la proprietaria, non intende arrendersi né al trascorrere del tempo né ai cambiamenti della società egiziana. Gestisce la pensione con l’aiuto della bella Zahra, fuggita dalla campagna nel tentativo di evitare un matrimonio combinato. Lentamente, il Miramar si ripopola, e tra i suoi ospiti compare Amer Wagdi, vecchio giornalista in pensione che ha militato nel partito nazionalista liberale, e ha deciso di tornare dopo vent’anni da Mariana, la donna che ha amato, in cerca di un luogo in cui trovare pace nella sua ultima stagione. E se in diversi, come il decaduto Tolba Marquz che ha perso tutte le proprietà nei cambi di governo e Mansur Bahi, tormentato annunciatore a Radio Alessandria, arrivano alla pensione in cerca di un rifugio, il giovane ragioniere Sarhan al-Buheyri ha seguito la bella Zahra e spera di riuscire a sedurla. Dai loro scambi e intrecci emerge chiara la dolorosa realtà sociale e politica di un paese diviso da obiettivi, visioni e interessi differenti.
Galleria Fotografica Paoletti | Strada Maggiore 14, Bologna
Un articolo sui discendenti di persone schiavizzate in Iraq
Sito dedicato al patrimonio culturale del Mali
Due trasmissioni a cura di Rai Radio 3 su una nuova corrente dell'archeologia che indaga le tracce della schiavitù
Quattro puntate a cura di Rai Radio 3 dedicate a rivoluzionari africani diventati Presidenti
12 episodi sulla nuova scena artistica africana
Il Centro per la Cooperazione Internazionale organizza il percorso formativo "Le Afriche Oggi: chiavi di lettura, sfide, prospettive" che propone una serie di corsi interamente online, alcuni introduttivi e altri di approfondimento, dedicati all'Africa contemporanea.
Esposizione online dedicata al Museo Indiano di Bologna, a cura di Luca Villa
Marcella Emiliani ha pubblicato una "Storia dell'Isis" in sei puntate sulla rivista svizzera Azione